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Post autocelebrativo e pigro

Post autocelebrativo e pigro

Ecco, per evitare di parlarvi sempre della stessa stessissima roba, nell’ordine Albe, vicini di casa, tizia che pesterò, e siccome il caldo mi stronca, allora vi regalo una robina che ho scritto tipo un po’ di tempo fa, come compitino per un corso di scrittura creativa. Enjoy.

A casa mia l’affetto si misura col cibo. Questo significa per esempio, che siccome io ero la cocca della nonna, e siccome da bambina ero magra come un ragnetto, il mio piatto era sempre il più grande di tutti, perché, questa la scusa ufficiale, dovevo crescere.

Finché davvero ero così piccola da tenermi in tasca, questo mi stava pure bene. Quando il mio culo però ha cominciato a rispondere alla legge biologica per cui ad una certa età ormai cresci solo in larghezza, lì son cominciati i problemi. Dire alla nonna “il mio, di piatto, fallo un po’ meno abbondante”, significava, nel linguaggio non scritto della mia famiglia “nonna, non ti voglio più bene”. E vaglielo a spiegare alla cristiana che era solo un problema di calorie, mica altro. Perciò, lì non c’hai scelta, mangi per un esercito sennò sei fuori dall’eredità e fai pure morire la nonna di crepacuore. Nel frattempo cerchi di raggiungere un accordo col tuo didietro. Ma lui, ne ho le prove, non accetta accordi. Si espande si espande si espande e non sente ragioni.

Quando ormai potresti essere scambiata per Moby Dick, lì devi fare qualcosa.

Dieta.

E la fai per bene pure. Vai addirittura dal medico, te ne fai una ragione che la tua porzione da allora in avanti sarà diciassette (contati, eh!) rigatoni, conditi con acqua salata e un sospetto d’olio. Ti iscrivi addirittura in palestra. La palestra. Mica una qualunque. Vai dove c’è tua cugina, ché magari ti segue per bene e ti tratta umanamente.

Errore.

La tua cuginetta, quella così carina, sempre così affettuosa, che quando vai a casa sua ti riempie di dolci e bignè, lì dentro non esiste.

Al suo posto c’è Hitler.

Al trentesimo addominale con lei che ti alita sul collo desidereresti essere morta. Ammazzare lei non c’avresti manco la forza. In palestra resisti tre mesi, poi, prima di disintegrare per sempre la famiglia, abbandoni.

A quel punto, non rimane che una scelta. La fai. Espatri.

Lontano dalla famiglia inizi a nutrirti quanto un normale essere umano e non quanto un manipolo di ussari e miracolosamente il tuo culo torna a dimensioni accettabili. Il giorno che compri i pantaloni della stessa taglia della Bellucci avresti voglia di andare in giro con un cartello appeso proprio lì, sul lato B, che dice “da oggi il mio culo è ufficialmente più piccolo”.

Ma poi, arrivano le feste. Torni a casa per Natale e cominciano a guardarti come fossi malata. Papà ti guarda con sospetto senza dire nulla, poi, prende coraggio e te lo chiede. Ma mangi? Ora, le mie manie suicide sono chiare dal fatto che fumo un milione di sigarette al giorno, ma insomma, uno che si suicida mica si taglia i polsi e s’impicca, ne fa una delle due, mica entrambe! Lo rassicuro che mangio, visto che, tra le altre cose, sento un certo bisogno di reggermi in piedi.

Ma la rassicurazione non li convince, e siccome sono sciupata, nella settimana che sono a casa mi si mette come un porco all’ingrasso. Prima che mi marchino la scritta Parmacotto sulle cosce, fortunatamente, ho l’aereo.

Arriva poi il giorno che torni, torni proprio e l’aereo che ti salva, stavolta non ce l’hai. Le zie non fanno altro che dirti quanto stai bene così, rispetto a prima (che partissi) che eri un po’ ingrassata e nel frattempo ti stanno mettendo un metro quadro di lasagne nel piatto. Sospiri, ti rassegni. Dopo due mesi il tuo culo ti fa già marameo.

Ti balena l’idea di metterti a dieta.

Quel giorno stesso ti chiama tua cugina e dice “vieni a casa mia, ho fatto la pastiera”.

Vi prego, adottatemi.


Splendida

Splendida

Io penso che non ci sia soddisfazione più grande, quando ribecchi qualche ex fidanzato vomitato direttamente dall’inferno che lo ha partorito, che quella di farti ribeccare una sera che sei praticamente splendida. E anche se non lo sei, splendida, quantomeno una sera che ti ci senti.  Certo, il tutto risulta molto più gradevole se lui nel frattempo, chessò, ha messo su pancia, però lì poi è chiedere tipo la perfezione, ecco.