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Signori si nasce (e patate)

Signori si nasce (e patate)

Mia zia, una delle sorelle di mia madre, è morta presto. Io ero piccola, e il ricordo più nitido che ne ho è ad un mio compleanno, con me che faccio le scale a rotta di collo per correrle incontro e prendere il regalo, perché sapevo già che era un libro. Mio zio, suo marito, era stato un direttore a scuola. Era severo, sempre elegantissimo e aveva una voce avvolgente, di gola. Gli piaceva la campagna e aveva un orto. Per anni, ogni domenica, veniva da noi a trovare la nonna. Arrivava sempre allo stesso orario, un orario garbato dopo la siesta, vestito sempre di grigio, profumato di un profumo antico e con i capelli tirati indietro e ben pettinati con la brillantina. Non veniva mai a mani vuote, portava sempre qualcosa dall’orto. Verdure, le fave, ma io mi ricordo che portava spesso le patate. Coltivate e raccolte da lui, messe in una cassetta o in un sacchetto di plastica, piene di terra rossa. Poi è morto anche lui, anche al paesello sono arrivati i grandi supermercati e le patate sono diventate quelle asettiche, col selenio, con lo iodio, con la buccia lucida. Oggi però le ho comprate dal fruttivendolo e mentre le pulivo e mi riempivo le mani di terra, mi è venuto in mente questo zio, che quando mia nonna gli disse “Ma perché non ti risposi?”, lui la guardò con sgomento e le disse: “Ma come puoi dirmi questo?”.

Abitudini

Abitudini

Lo ammetto, sono abitudinaria. E i cambiamenti delle abitudini mi disturbano. E allora pensavo che questa pasqua è l’ultima festa che saremo di sicuro tutti qui, perché poi dopo il matrimonio di fratello, probabilmente nelle prossime feste dovranno dividersi tra qui e casa di sua moglie. O forse ci divideremo tutti e anche qui ci sarà una grande tavolata, non lo so. Forse l’anno prossimo ci sarà pure un bimbetto, chi lo sa? Al momento cerco di non farne un dramma, tranne che per i piatti. Non ne ho abbastanza.

La stagione dei matrimoni

La stagione dei matrimoni

È cosa nota che a me i matrimoni non mi piacciono. Il pranzo o la cena interminabile, l’immancabile zio (o in alternativa nonno) alticcio che canta agli sposi o propone brindisi improbabili, i cori che incitano al bacio. Roba da tagliarmi i polsi in bagno prima della torta. Roba che non mi sposerei solo per non sorbirmi pure il mio, di matrimonio. Se poi aggiungi che magari è il matrimonio del lontanissimo parente che non vedi suppergiù dal giorno del tuo battesimo, ce n’è abbastanza per decidere di darsi senza nemmeno troppi scrupoli. Quando si tratta di queste cose, però, sei sola contro il mondo e contro tutta la famiglia. Infatti, giusto stamattina arriva l’invito per uno di questi matrimoni di semisconosciuta parente, che l’ultima volta che l’ho vista mi sa che ancora c’aveva i pannolini. Matrimonio ad agosto (non so se mi spiego, roba da liquefarsi nel vestito) e a Genova. Io non ce la posso fare.