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Dreaming of London town

Dreaming of London town

Prima che il diluvio universale mi gettasse in uno stato di bizzarro dormiveglia, stavo sognando di Londra. Il sogno non me lo ricordo, ma era Londra di sicuro. Che non capitava da un pezzo che sognassi di Londra, sarà stato che ieri sera guardavo le foto dell’ennesima festa a cui io sarei stata certamente invitata, con un po’ di invidia per non esserci, invece, in quelle foto e in quella festa. E penso che forse è arrivato il momento di tornare a salutarla, la mia bella signora.

Shall we dance?

Shall we dance?

E non so da dove mi piomba addosso questa voglia di ballare. Non flamenco, per una volta, di ballare in discoteca, come quando andavamo al 1001 a bere e forse era l’unico posto di Londra dove i drink non te li misuravano in uno di quei ditali ridicoli, ma c’era un barman vero e a me mi bastava sorridere per avere il bicchiere con tre cubetti di ghiaccio e un fiume di gin. E poi si ballava, in quella specie di trance indotta dalla musica elettronica e s’usciva di là nell’odore di quei burgers bizzarri che sembrava una festa del paese con questo banchetto con le birre nelle vaschette col ghiaccio e dei tipi coi dread che grigliavano e grigliavano e sorridevano sempre e i bagni che erano i più sgangherati che io abbia mai visto e i divani dove sfangarsi quando il fiato mancava dal troppo saltare. C’ho voglia di ballare. Shall we dance? Anyone up to it?

Altri demoni che….

Altri demoni che….

Inizia ad infastidirmi notevolmente questo pensare all’indietro di questi giorni. Pensare in persone che sono rimaste su un altro pezzetto di strada, incrociate per caso, scontrate senza farsi male, a ritmo di un tango bizzarro e parole recitate con lacrime di emozione. Con questa vita che corre in avanti veloce e che pure rimane legata ad un elastico di cose che ogni tanto ti tirano indietro.

La meta es el olvido

Yo he llegado antes

La saggezza dell’innominato

La saggezza dell’innominato

L’innominato innominabile diceva sempre una cosa, che le minestre riscaldate non son mai buone. Io detesto dirlo, ma l’innominato innominabile c’aveva ragione. È che io ci metto sempre un po’ a capire le cose, il più delle volte schiantandomici sopra. Però, bisogna dire, a volte è bello scavare in alcune robe.