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Due cose per iniziare la giornata

Due cose per iniziare la giornata

Io non so se i vicini leggono il giardino, se hanno venduto il bambino a una carovana di zingari nella notte, se gli hanno messo un cerotto sulla bocca. Comunque, almeno per ora, non piange.

Seconda cosa, sto facendo training autogeno da un’ora perché stamattina devo incontrare delle personcine talmente simpatiche che preferirei farmi sciancare. Vabbè.

Francesismi

Francesismi

Ora, chiamatemi mostro, dite che sono insensibile, che ho un sasso al posto del cuore. Non me ne frega niente. A me questo bambino che piange in continuazione mi ha davvero, tanto, ma tanto tanto tanto, rotto i coglioni. Non me ne frega un cazzo se sa mettendo i denti, se c’ha le coliche, se è stressato dai genitori del cazzo che c’ha. So solo che mi rotto i coglioni.

La gente mi parla

La gente mi parla

Io c’ho questa che la gente mi parla. Non semplicemente mi rivolge la parola, che sarebbe normale. No, mi racconta cose personalissime con profusione di dettagli che io preferirei ignorare. Prendi la mamma vicina nuova. Io queste persone non so nemmeno come si chiamano, eppure la incontro ieri vicino al garage e mi racconta tutto del suo recente ricovero in ospedale. Cioè, a me bastava buongiorno, ecco.

La Sere va alla guerra

La Sere va alla guerra

Avevo rivalutato per qualche ora il vicino mostro, dopo averlo sentito gnegneggiare per dieci minuti col pargolo. Poi, dopo che questo adorabile signore mi ha svegliata alle sette di questa mattina con bestemmioni irripetibili addirittura per me, credo che la tregua non solo sia finita, ma sia impossibile. Ed ora è guerra aperta.

Lettera al mio vicino

Lettera al mio vicino

Caro vicino, io mi rendo conto che avere tre figli non deve essere facile. Che lo stress, probabilmente è molto forte, che lei è stanco e tutto il resto. Ci sono però, delle cose che devo dirle. Intanto non ho scelto io di vivere vicino a lei ed alla sua deliziosa famiglia. Mio malgrado, dopo un quarto di secolo di vita tranquilla, mi son ritrovata a vivere ad una distanza sin troppo piccola da lei e dai suoi orrendi congiunti. Di certo, non le ho detto io di fare tre figli. Se  avessi sentito questa impellente esigenza di vivere a stretto contatto con dei bambini, probabilmente ne avrei fatti di miei. Ma così non è. A uno come lei, nonché alla sua…ehm…signora, oltretutto, io avrei raccomandato caldamente di non riprodursi. Non perpetuare la specie, nel suo caso, sarebbe stato un grande favore all’umanità. Ed a me, s’intende. Purtroppo, per quello, siamo ormai in ritardo e non si può più far nulla. Quello che però lei e la sua famiglia può fare, per dirlo in un linguaggio che lei è in grado di capire, visto che è l’unico che le abbia mai sentito usare, è non rompermi i coglioni. Se il suo figlio minore piange a squarciagola ininterrottamente, io provo umana pietà per i primi dieci secondi. Dopo provo l’istinto di mandarle gli assistenti sociali e vedere perché questo ragazzino non smette di piangere proprio mai. Se lei di domenica mattina urla a un altro dei suoi figli “Porcoddio, ti devi alzare!” e fa svegliare me di soprassalto, ad un orario tra l’altro per me non accettabile, è molto probabile che lei presto si troverà a fare una conoscenza più approfondita dei carabinieri della locale stazione. Glielo dico perché credo che sia gentile avvertirla, ma immagino che lei difficilmente leggerà questa mia. In ogni caso, spero fortemente che valuti l’idea di un trasloco, possibilmente lontano dal consesso civile, visto che a quanto ho potuto vedere, di civile, lei ha ben poco. Cordialmente, la sua dirimpettaia.

Chissà che fai la sera, che poi sei stanca…

Chissà che fai la sera, che poi sei stanca…

Sicché, stanotte, è andata così. Io me ne vado a letto tranquilla all’ora delle galline. M’addormento felice e come un ciocco, sperando di far tutto un tiro fino alle sette. Infatti. Intorno alle due, la ragazzina rompicoglioni  era in giardino che gnegneggiava ai gatti usando gli ultrasuoni, ché non esiste essere umano in grado d’emetter certi suoni, son sicura. E io ho sepolto la testa sotto il cuscino sperando nella rivolta dei felini. Alle quattro, invece, il bambino scassapalle dei vicini mostri, indovinate che fa? Esatto. Piange. Io vorrei scavarmi la testa nel materasso, e mi limito a sopprimere l’istinto di farmi alla finestra e mandare a fanculo tutta la famiglia mostro fino alla settima generazione. Alle cinque inizia la sinfonia delle ambulanze. Sopravvivo coi nervi che stanno per saltar fuori, mi riaddormento e mi sveglio dopo trenta minuti per un incubo. Oggi, è la morale della favola, odio il mondo. Tutto il mondo.

P…..apà!

P…..apà!

Dalla finestra dei miei soavi vicini, arrivano i gorgheggi del bambino e la musicale voce dello squisitissimo padre che lo incita a parlare. Io, se fossi quel bambino, parlerei sì, a cotanto padre, anche perché sarà davvero da ridere quando il bambino, come prima parola, dirà quello che io sento dire al padre con tanta simpatica frequenza.