Ti svegli una mattina a caso, sarà la luna nel segno o qualcuna delle altre robe che ha detto l’oroscopo, vabbuò, ma ti senti leggiadra come Amélie. Esci da casa con leggerezza, sorridi alle persone che incontri. Poi rientri a casa e accanto a te parcheggia una tizia sulla sessantina, non un filo di trucco, pantaloni leggeri e camicia verdina. Una primavera di sessant’anni. E te, che eri partita convinta d’essere leggiadra come Amélie, ti riguardi e porti su la spesa a passo da facocero.
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Naftalina
L’altra sera sono uscita e mentre chiudevo la porta sono passate tre vecchiette. Tre vecchiette ben vestite e con la messa in piega a boccoli, di quelle che se è primavera, faranno pure trenta gradi, ma bisogna mettere lo spolverino. Lo spolverino di queste vecchiette, però, veniva da un armadio con la naftalina e allora ho praticamente ricostruito il percorso che avevano fatto, seguendo la scia di naftalina. E a un certo punto, l’odore era così forte che mi è venuto pure il dubbio che forse a casa c’hanno un armadio dove vanno a dormirci e non era lo spolverino che sapeva di naftalina, ma erano le vecchiette che si erano tirate fuori per la primavera.
Piano fallito
Quindi insomma, mentre il capitano è via posso dedicarmi al mio sport preferito: chilometro lanciato letto-divano con accompagnamento di pelosi, programmi di dubbio gusto su Cielo, cibo che non necessita di più di dieci minuti di cottura (con predilezione particolare per insalate e/o panini) e pigiama ai limiti della decenza. Il piano era perfetto. Poi mi sono ricordata che di mezzo ci sono le feste.
Un bel dì vedremo
Arrivo a casa, accendo la tivvù e c’è “Madama Butterfly”.
– Hai studiato? fa il capitano.
Sì sì, dico io, ho studiato. Ed è vero. Ho letto bene la trama e il libretto e sono prontissima. Talmente pronta che per tutto il secondo atto ho urlato parolacce a Pinkerton.
Cortesie per gli ospiti
A me piace avere amici a cena, a pranzo, per fare un aperitivo. Mi piace proprio un sacco. Mi piace apparecchiare bene, fare una bella tavola. Però forse guardo troppi programmi sulle cortesie per gli ospiti, ché ho talmente tanti bicchieri diversi che tra un po’ potrei aprire un bar.
Poi vavè, se volete farmi un regalo per natale, mi mancano quelli da grappa.
Ciao, sono Peppa Pig!
Alla fine, ieri, ci sono andata al mercato. In un momento di follia, ho deciso di comprare una maglietta rosa. Vado a pagare e all’omino dico senti, ma se io vado a casa a provarla e poi mi sento Peppa Pig, poi posso cambiarla? Sì sì, dice l’omino, non ti preoccupare. Sicché io pago, ringrazio, faccio per andare via e l’infame – come lo vuoi chiamare? – fa ok, a venerdì prossimo. Forse avrei fatto meglio a comprarle, le scarpette per correre.
Tutto bene, grazie
L’altra sera ho incrociato un tizio che conosco. Io ero a piedi, lui in bici. Ciao, ho detto io. Ciao, ha detto lui. Ed è andato avanti. Ha fatto un po’ di metri e mi ha urlato tutto ok, vero? Sì, grazie, ho urlato io senza nemmeno girarmi. Anche perché penso che nel frattempo avesse voltato l’angolo pure lui. E se anche avessi detto, no ma sai altro che ok, è un periodo di merda, non avrebbe sentito. È dall’altra sera che mi chiedo, sì, ma se non volevi sentire la risposta, cazzo me lo hai chiesto?
Elastici
– No, guarda, mi sembra un po’ piccolo.
– No no, signori’, questo è elasticizzato.
Come glielo spieghi che sarà pure elasticizzato, ma tu non hai molta voglia di sembrare lei?
Delusioni
Oggi ero al supermercato e dovevo comprare della salsiccia. Però l’omino del banco macelleria non c’era. Allora ho chiesto al banco accanto, quello dei salumi. “Devi suonare”, mi dice, e mi indica il campanello sul banco. Il campanello tipo hotel, che io è una vita che sogno di suonare quel robo e arriva un maggiordomo fichissimo con i guanti bianchi e mi porta lo champagne… Però poi ho suonato ed è arrivato un macellaio con gli occhiali da astigmatico che gli facevano gli occhi da mosca, sicché poi ho preso la salsiccia, ho detto grazie e non sono nemmeno stata molto simpatica perché ero un po’ delusa.
Come ti chiami?
Mi capita sempre più spesso che delle mie amiche chiamino i loro cani o i loro gatti come altre mie amiche hanno chiamato i figli. E lo so, sono una brutta persona, ma per me quei bambini avranno sempre dei nomi da cani.