Tag Archives: persone moleste

Scimmie

Scimmie

Decidiamo di andare a mangiare fuori senza prenotare. Questo significa solo una cosa: aspettare e aspettare molto. A me può pure stare bene, ma.
Uno, se ho fame la mia sopportazione (che già normalmente è a livelli minimi) si abbassa moltissimo.
Due, è festa e quindi lo zoo è qui. Passi la tipa su tacco mille e profumo che stende le zanzare. Passi il tizio che non ha compreso bene la differenza tra spiaggia e ristorante sulla spiaggia e te lo ritrovi a petto nudo e ascella libera che ti alita nel prosecco dell’aperitivo. Ma i ragazzini, no. Ecco, io ve lo dico di tutto cuore: voi e ‘sti mostriciattoli urlanti e puzzosi, avete rotto il cazzo. Perché mi dispiace, ma lo sgabello su cui io mi ci siedo coi vestiti puliti, non va bene per poggiarci zampette sporche di sabbia. Perché se cerco di avere una conversazione normale, non posso avere nell’orecchio millemila decibel di Cosimino che urla perché vuole il gelato mentre voi aprite Instagram e pubblicate la sua foto con l’hashtag #cosiminoalmare. Io in mare ci lancio voi, Cosimino e il telefono. capiamoci. I vostri figli sono orribili e voi di più. Siamo abbastanza. Guardate la tivvù, fate sport o andate a fare una passeggiata. Ma se proprio proprio dovete fare ‘sti mostriciattoli, siate almeno consapevoli che non è necessario imporli al resto del mondo. O non meravigliatevi se noi gente normale, mandiamo dove meritate voi e loro.

Dedicato a te

Dedicato a te

Il mio sentito, sentitissimo, suca di oggi va nell’ordine:
– A te che mi devi dei soldi da due mesi, ma nel frattempo chiami a tutte le ore esigendo che io lavori per te magari anche la notte.
– A te, ragazzetta analfabeta funzionale che pretendi che io traduca per te un capitolo della roba che devi studiare, pagandomi quanto normalmente si lascia di mancia al ristorante.
– A te idraulico, che mi hai bloccata a casa da stamattina, nemmeno dovessi farmi un favore a venire qui a lavorare.
– A te, vicino del cazzo, che fai i lavori abusivi e sono mesi mi fai vibrare il pavimento di casa mentre cerchi di finire ‘sta Sagrada familia.
– A te, cretina che mi hai tolto il saluto da quando ti ho detto che no, non avrei lavorato di domenica per fare lezione a quella capra di tua figlia.
Ho finito (per adesso), vostro onore.

Diventerò un’eremita, giuro

Diventerò un’eremita, giuro

Io, per esempio, non sopporto le persone prepotenti, specie quando si parla di lavoro.
Mi chiama oggi pomeriggio, una tipa che sapevo mi avrebbe chiamata, per far delle lezioni private. Bene, le dico io, mi dica il programma qual è. Boh, mi fa, delle traduzioni. Ok, ma ci sarà anche della grammatica, no? Non lo so, mi devi fare queste traduzioni. Devo? Di grazia, devo? E in base a quale principio, devo? E soprattutto, quando t’ho detto che mi stava bene che mi dessi del tu?
Insomma, per farvela breve, non aveva la minima idea di quale fosse il programma dell’esame, avrebbe bisogno, più che di lezioni di lingua, di serie, serissime lezioni di bon ton, per cominciare e di grammatica italiana, per proseguire, tutto questo mentre mi spiegava che studia per diventare insegnante. Quando succedon ‘ste cose, io penso sempre, che se mai avessi dei figli, probabilmente sceglierei di educarli in casa, piuttosto che affidarli a certe “insegnanti”.

Tttttrche

Tttttrche

Dalle mie parti, “tr” si pronuncia più o meno così “tttttrch”. Succede, quindi, che io sono all’ultima festa dell’estate nel posto quello che quelli di qui sanno che ci si va la domenica. Sono in un angolo che tento di mandare un messaggio e mettono l’ultima canzone dell’ultima festa dell’estate. Un tipo arriva ballando, m’afferra e mi porta a ballare. E io ballo. La canzone finisce e il tipo non molla la presa. Vuole parlare. E parliamo. Quanti anni hai? Trenta. Davvero? Tttttrchenta? Eh si. Che macchina hai? (che cazzo di domanda è?) Una Micra. Io, dice il tipo, un’Audi A tttttrche. Credo si stia ancora chiedendo se esisto davvero o se m’ha solo immaginata, tanto veloce son sparita.

Limiti di sopportazione

Limiti di sopportazione

Io posso sopportare tutto, ma davvero. C’ho un limite che s’allunga a dismisura. Posso sopportare i ragazzini al mare che fanno casino e schizzano e mi passano coi sandaletti sull’asciugamano. Posso sopportare le sette generazioni che s’accampano con la pasta al forno. Posso addirittura sopportare i turisti camperisti francesi. Ma quello che proprio non posso sopportare sono quelle tipe che in spiaggia si mettono a fare i punti neri sulla schiena del fidanzato. Lì cento frustate, ci vorrebbero.

Dieta? What’s dieta?

Dieta? What’s dieta?

Oggi, quando son tornata dal lavoro, c’avevo proprio bisogno di andare al mare. Di solito a quell’ora ho troppa fame per poter fare qualcos’altro, ma oggi c’avevo proprio voglia di mare. Allora me ne son andata lì sullo scoglio mio ed era abbastanza fico, c’era pochissima gente e non c’erano nemmeno bambini. L’unico problema è che le due signore che c’erano parlavano a voce più alta del mio iPod e parlavano a voce alta di fare la dieta. E quando ci son delle persone che parlano a voce alta della dieta strepitosa che hanno fatto, tu non puoi fare a meno di guardarle. E io mi sa che la dieta, così strepitosa non era.

Un nome per ogni cosa

Un nome per ogni cosa

A me, a meno che non fossi in imminente pericolo di vita, non verrebbe in mente di mandare messaggetti a un mio amico alle due del mattino. Specie se magari suppongo che sia in dolce compagnia e che un messaggetto possa risultare, magari, inopportuno. Certo, ci sono le variabili da considerare. Tipo che la parola amico è usata in questo caso a sproposito. Tipo che spero non sia in dolce compagnia o, al contrario, spero proprio che lo sia e che il messaggetto risulti particolarmente sgradito, non tanto a lui, quanto a lei. Poi, naturalmente c’è un nome per chi fa queste cose. Più di uno, a dire il vero.